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LA FORMAZIONE QUALE MISURA DI PREVENZIONE DEL RISCHIO DA SOVRACCARICO BIOMECCANICO DEGLI ARTI SUPERIORI
Nell’ambito della gestione del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, l’attività di formazione riveste un ruolo di primaria importanza.
Considerando che il livello di rischio è il risultato di diversi fattori, quantomeno riconducibili ad aspetti di origine organizzativa, nonché a caratteristiche intrinseche dei compiti ripetitivi, ne consegue che un intervento formativo risulterà tanto più efficace quanto più esteso al maggior numero di soggetti coinvolti delle attività oggetto di indagine, sia per le fasi esecutive, che per quelle progettuali/organizzative.
Pertanto, le attività formative dovranno essere rivolte almeno alle figure fondamentali presenti nella struttura aziendale: il lavoratore (ossia colui che esegue l’attività – il soggetto esposto al rischio); il preposto (in qualità di tecnico di produzione/capo reparto, vale a dire il gestore/controllore del processo); il datore di lavoro/dirigente (cioè il pianificatore dell’attività). Differenti saranno gli obbiettivi, in relazione al soggetto coinvolto.
Ai lavoratori devono essere trasmesse indicazioni circa i rischi associati ai compiti ripetitivi, ponendo particolare attenzione alla necessità di effettuare in modo corretto le varie azioni tecniche all’interno del compito, nel massimo rispetto dei principi ergonomici, con particolare riferimento alle fasi di riprogettazione (ove tale intervento si renda necessario, in relazione al livello di rischio iniziale).
Per i lavoratori sono preziose le seguenti regole per ridurre il rischio sul lavoro:
– eseguire le azioni tecniche necessarie nel preciso ordine impartito/suggerito;
– usare il più possibile entrambi gli arti, considerando che le azioni tecniche più semplici possono essere condotte anche con l’arto non prevalente;
– evitare di aggiungere azioni tecniche inutili o superflue, non funzionali all’esecuzione del compito. In talune circostanze, il numero delle azioni (e quindi la frequenza dei gesti) aumenta anche per colpa di cattive abitudini o prassi scorrette consolidate (per esempio afferrare e riafferrare piò volte un oggetto può non essere sempre utile/necessario).
Se la sequenza delle azioni da compiere non è chiara al lavoratore, lo stesso deve chiedere chiarimenti al preposto.
Se il lavoratore ritiene di dover aggiungere azioni tecniche alla sequenza stabilita, deve informare di ciò il preposto.
– evitare movimenti bruschi; non lanciare oggetti. Nel caso la forza richiesta risultasse eccessiva, avvisare il preposto;
– nel caso di utilizzo di attrezzi manuali, verificare che gli stessi non provochino sulle dita e sulle mani compressioni, arrossamenti, calli, vesciche;
– evitare di sollevare oggetti pesanti utilizzando solo le dita.
– segnalare al preposto l’uso di eventuali attrezzi la cui impugnatura costringa a mantenere a lungo il polso piegato. Analogamente, segnalare la necessità di compiere azioni (anche senza attrezzi) con il polso piegato per periodi prolungati.
– segnalare al preposto la necessità di mantenere le braccia al di sopra delle spalle per lunghi periodi (per sostenere/mantenere attrezzi, oggetti in lavorazione, azionare leve o pulsanti, etc.).
– non aumentare la frequenza dei gesti, accelerando il lavoro per accumulare minuti liberi; è opportuno diluire il numero di azioni da compiere nell’arco della totalità del tempo disponibile.
– rivolgersi al medico competente, nel caso si dovessero avvertire sintomi/disturbi agli arti superiori, riconducibili all’attività condotta.
Rilevante è anche la possibilità che ai rischi professionali si affianchino rischi non professionali, presenti nei periodi extra-lavorativi, in relazione alle varie attività che si compiono nel tempo libero (inteso genericamente come tempo non lavorativo: attività domestica, attività sportiva, hobbistica, etc.), con conseguente ulteriore aggravio dei possibili effetti sulla salute: afferrare oggetti con piccole impugnature (una chiave inglese; il manico di un secchiello; un ferro da maglia o uncinetto; un cavatappi; …); trasportare carichi che richiedono una presa con la mano completamente allargata; utilizzare utensili che richiedono l’uso di forza (leve e simili, un paio di forbici o delle tronchesine, un badile, ma anche una racchetta da tennis, …); effettuare lavori manuali con prevalente impiego delle dita (spremere un limone; impugnare un pennello; suonare uno strumento musicale…); etc.
Per i tecnici di produzione/capi reparto (i preposti, in genere), le basi del processo di formazione si fondano sulla conoscenza degli specifici rischi nonché delle problematiche di natura medico-legale connesse al lavoro ripetitivo.
Tali soggetti devono essere adeguatamente addestrati nel riconoscere i fattori di maggior rischio legati al lavoro ripetitivo, anche al fine di dare un contributo attivo nel processo di riprogettazione delle postazioni e dei compiti, ove necessario, nonché di addestramento del personale operativo.
Occorre far sì che queste figure professionali provvedano periodicamente ad interfacciarsi con i lavoratori, per ottenere informazioni sui problemi pratici emersi durante lo svolgimento dei compiti e, nello stesso tempo, diano le giuste indicazioni per adottare le migliori soluzioni operative, nel massimo rispetto dei principi ergonomici.
Il preposto riveste pertanto un ruolo strategico nel processo di formazione. Esso è destinatario dell’attività di formazione da parte di specialisti del settore e, nel contempo, fonte di formazione pratica per i lavoratori (nell’ottimizzare le azioni tecniche, anche con riferimento alla salute, non solo alla produttività).
I datori di lavoro/dirigenti devono partecipare ad attività di formazione specifica, condotta da personale qualificato ed esperto nel settore, al fine di comprendere tutte le problematiche ed i conseguenti fattori di rischio connessi all’attività svolta in azienda, ovvero le problematiche di natura medico-legale associate. Devono quindi pianificare l’attività di prevenzione e protezione, con l’individuazione delle più efficaci misure di contenimento del rischio. Queste ultime potranno correggere deficit di natura tecnica (aspetti ergonomici connessi alle postazioni di lavoro, alle attrezzature utilizzate, etc.), ovvero migliorare le condizioni di natura organizzativa e procedurale (turni, pause, rotazioni, etc.).
A cura di: P.I. Marco ANTONIELLI