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ACCREDIA: QUANDO LA BUROCRAZIA INVECE DI GARANTIRE I CITTADINI SERVE A GIUSTIFICARE SE STESSI
È ormai 10 anni che il Ministero delle Infrastrutture ha istituito l’organo di accreditamento unico sul territorio nazionale sia per gli enti di certificazione sia per i laboratori di analisi.
In precedenza esistevano due organismi di accreditamento che si occupavano separatamente degli enti di certificazione e dei laboratori.
Quella che 10 anni fa è stata presentata come una semplificazione ha invece generato progressivamente, ma inesorabilmente, un aumento esponenziale delle incombenze di aziende e laboratori che vogliano ottenere una certificazione sotto l’accreditamento di ACCREDIA.
ACCREDIA per definire le modalità per certificare un’azienda ha imposto dei regolamenti tecnici ai vari enti di certificazione che non trovano riscontro in nessun altro ente di accreditamento europeo generando, di conseguenza, delle impellenze per le aziende molto superiori rispetto a chi utilizza altri accreditamenti europei.
A titolo esemplificativo basti pensare al regolamento RT5 per gli enti di certificazione che vogliano certificare ai sensi della ISO 9001 aziende che operano nel settore delle costruzioni. Tale regolamento impone controlli e verifiche neanche lontanamente previsti dalla ISO 9001 con richieste di monitoraggio sui cantieri degli ultimi tre anni come se ogni azienda avesse comunque qualcosa da nascondere o potesse coprire attività o gestioni improprie se non monitorate fino a oltre tre volte le altre aziende europee, non certificate con ACCREDIA.
Tutti questi aspetti invece di generare un controllo più efficace non generano altro che maggiori difficoltà per le aziende italiane e con costi ben superiori rispetto ai costi generati dagli enti di accreditamento europei, e questo perché nessun altro ente di accreditamento obbliga gli enti di certificazione a stabilire così tante giornate di audit quanto fa ACCREDIA, giornate che ovviamente vengono pagate dalle organizzazioni che vogliono certificarsi.
Ovviamente qualcuno potrebbe pensare che maggior tempo investito, maggiori costi di gestione, maggior fiscalità nei controlli eseguiti possano generare valore aggiunto alle aziende che si certificato sotto la longa manus di ACCREDIA ma in realtà di valore aggiunto non vi è proprio nulla! Niente di tutto questo garantisce maggior efficienza o efficacia nei sistemi di gestione monitorati, né garantisce maggior appeal sul mercato per le certificazioni ottenute con ACCREDIA, anzi fuori dai confini italiani tale ente di accreditamento è praticamente sconosciuto e fuori dall’Europa non è tenuto in nessuna considerazione.
Come ultimo aspetto negativo, ma certamente non meno importate, ACCREDIA costringe le aziende che vogliano fornire enti statali o para-statali e i laboratori che vogliano essere riconosciuti da enti pubblici, come regioni e ministeri, a certificarsi solo sotto accreditamento ACCREDIA altrimenti non possono né fornire, né essere riconosciuti, né avere indicato in visura camerale di quali certificazioni sono in possesso.
Tale situazione, oltre ad essere in aperto contrasto con le leggi europee che prevedono il reciproco riconoscimento tra gli enti di accreditamento europeo, genera una concorrenza sleale a favore delle aziende più ricche che possono ottenere certificazioni sotto legida di ACCREDIA pur essendo queste più costose, oltre a imporre vincoli normativi senza che questi siano previsti da leggi dello stato o delle regioni.
Si può quindi concludere che ACCREDIA così come agisce sul territorio italiano è totalmente a sfavore delle aziende italiane e del tutto fuori dai limiti previsti dalle leggi europee e nazionali, genera una pressione sulle aziende paragonabili a quelle di una organizzazione dedita al crimine, senza portare alcun vantaggio alle aziende stesse né formali né sostanziali, agendo unicamente come generatrice di burocrazia inutile e autogiustificante della propria esistenza.
Veramente ci si chiede a cosa serva un ente del genere se non a creare problemi e a esercitare pressioni del tutto inutili se non dannose; non sarebbe più corretto e utile avere un unico ente di accreditamento a livello europeo che elimini queste concorrenze insensate tra i vari enti di accreditamento che fanno riferimento alle singole nazioni che compongono la Comunità Europea?
Si abbia almeno una volta il coraggio di proporre a livello continentale un salto di qualità che riduca la burocrazia e le pressioni indebite a favore di un controllo dei cittadini e delle aziende che sia per la crescita degli stessi e non per la giustificazione burocratica dell’esistenza dell’ente stesso.
A cura di: Dott. Pierantonio SERAFINO